Asta di Arte Moderna - II

925

Paul Delvaux
(Antheit, 1897 - 1994)

Etude pour Alésia, 1973

Olio su multiplex
cm. 85x125

Firmato e datato in basso a destra: P. Delvaux 9-73; al verso scritta: P. Delvaux / ETUDE POUR ALESIA / CAT. N° 325.

Bibliografia
Michel Butor, Jean Clair, Suzanne Houbart-Wilkin, Delvaux: Catalogue de l'œuvre peint, La bibliothéque des arts, Lausanne-Paris, 1975, p. 275, n. 325.

«Etude pour Alésia» è un dipinto di profonda suggestione che rappresenta in modo esemplare il carattere visionario dell'opera di Paul Delvaux. Nel 1973, anno della realizzazione dell'opera, Delvaux dipinge anche una nuova versione di «Rendez-vous d'Éphèse», un quadro altrettanto fondamentale per capire il rapporto dell'artista con il Mito ed i temi della cultura e del mondo antico greco-romano. Il suo lavoro si svolge in quell'anno in parallelo alla retrospettiva al Museo Boymans-Van Beuningen di Rotterdam e all'assegnazione del premio Rembrandt, che riconosce in lui uno dei maggiori maestri del Novecento. Nato nel 1897 vicino a Liegi, Delvaux aveva frequentato nel 1916-17 il corso di architettura presso l'Academíe des Beaux-Arts di Bruxelles e successivamente, nel 1920-1921, le lezioni di Jean Delville che gli aveva fatto scoprire la pittura di Puvis de Chavannes (come scrisse Delvaux in un a lettera a J. Van Lennep). La prima formazione di Delvaux avviene dunque sotto il segno della cultura del Simbolismo. Nel 1925 il pittore tiene la sua prima personale e si rivolge alla pittura di Maurice de Vlaminck. Nel 1926-27 Delvaux, durante un soggiorno a Parigi, scopre la pittura di Giorgio de Chirico, che lascia un segno decisivo su di lui e ne determina la scelta verso i temi del mito e del sogno, che diverranno in seguito fondamentali nella sua pittura. Scrive infatti Delvaux a proposito di de Chirico: C'est surtout le de Chirico d'avant 1914 qui m'a impressionné, parce qu'il a suggéré ce poème du silence et de l'absence. Il est le poète du vide. C'était une découverte assez extraordinaire, un point de départ. Nello stesso periodo il pittore dimostra attenzione all'opera di James Ensor e nel 1930-31 entra in contatto con i pittori espressionisti fiamminghi Gustav de Smeet e Constant Permeke: tuttavia la linea della sua pittura è ormai rivolta verso il Surrealismo, il cui influsso determinerà poi tutto il corso successivo della sua opera. Nel 1934 si tiene a Bruxelles la mostra del Minotauro organizzata da Albert Skira, nella quale sono presenti, tra le altre, opere di de Chirico, Max Ernst, Dalí e Magritte. In quell'occasione André Bréton tiene una conferenza alla presenza di Paul Éluard, Dalí, Gala e Robert Goffin. Nel 1935 Delvaux dipinge «Le Palais en ruine», un'opera di chiara impronta dechirichiana, e l'anno successivo, 1936, espone al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles contemporaneamente a René Magritte. «Etude pour Alésia» è un dipinto esemplare del linguaggio onirico-mitologico di Delvaux, e si ispira alla battaglia di Alésia combattuta nel 53 a. C. in Gallia da Giulio Cesare contro Vercingetorige. Alésia, corrispondente all'odierna Alise-Sainte Reine, era una città fortificata in cui Vercingetorige si rifugiò dopo una sconfitta vicino a Digione. I Galli resistettero all'assedio dei legionari romani per tre giorni, con episodi di eroismo, ma alla fine Vercingetorige si arrese a Cesare per essere poi condotto prigioniero a Roma e rinchiuso nel carcere Mamertino. Cesare ha descritto la battaglia nel De Bello Gallico ma non è facile trovare un riferimento diretto al nostro dipinto, in cui la città fortificata appare sullo sfondo, e due gruppi di legionari romani sulla sinistra, di spalle, e sulla destra, di profilo. Il centro della composizione sembra essere la figura di donna nuda seduta al tavolo tondo, con il gesto simbolico delle due mani distese a forma di conchiglia bivalva. In alcuni studi relativi al dipinto, come il disegno che qui si riproduce, la posizione delle mani della donna era diversa, e in altri disegni apparivano più figure femminili. «Etude pour Alésia» è un dipinto che si collega strettamente alle altre opere maggiori della maturità dell'artista, quali «Le jardin», 1971, «Hommage à Jules Verne», 1971, «Les ruines de Sélinonte», 1972-73, e infine «Le rendez-vous d'Éphèse», 1973, in cui su uno sfondo di architetture, templi greci e di stazione ferroviaria, come appunto in «Le rendez-vous d'Éphèse», appaiono figure femminili nude, il cui significato allegorico confonde i simboli mitologici con i fantasmi, le figure femminili dell'inconscio dell'artista, al livello più profondo. Questo mondo psicologico di Delvaux, situato tra il sogno e la mitopoiesi, ha obbligato la critica ad un continuo tentativo di decifrazione. Così Élie Faure ha cercato, forse invano, di ricondurre l'universo simbolico di Delvaux alla categoria della ragione: Toute image, au fond, est un résumé symbolique de l'idée que se fait l'artiste du monde illimité des sensations et des formes, une expression de son désir d'y faire régner l'ordre qu'il sait y découvrir (citato in Marc Rombaut, Paul Delvaux, Éditions Albin Michel, Paris, 1990, p. 24). Ma la chiave interpretativa più valida del mondo onirico di Delvaux ci viene offerta in chiave autobiografica dallo stesso pittore: Enfant, j'aimais les trains et la nostalgie m'en est restée; souvenirs de jeunesse [...] Je peins les trains de mon enfance et dès lors, cette enfance elle-même (citato in Marc Rombaut Paul Delvaux, Éditions Albin Michel, Paris, 1990, p. 22). Ha scritto giustamente Jean Clair che il corpus dei dipinti di Delvaux si dispone sotto i nostri occhi come un discorso ininterrotto, la cui decifrazione richiede tuttavia un grande impegno di lettura simbolica e, nonostante ciò, senza la certezza di giungere a decifrarla, per essere, alla fine, respinti nel silenzio (Jean Clair, Un sogno biografico, in Paul Delvaux, testi di Gisèle Ollinger-Zinque, Firenze, Palazzo Corsini, 26 settembre - 8 dicembre 1998, p. 11). Marco Fagioli
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Asta di Arte Moderna - II

sat 27 November 2010
Prato