Important Old Masters Sculptures and Paintings - I

158

Giovanni Antonio Pellegrini
(Venezia, 1675 - 1741)

Bacco e Arianna

Olio su tela
cm. 109x88,5


Storia
Collezione Roger Field, 1960;
Hazlitt, Londra, maggio - giugno 1963 (n. 15);
Sotheby's, Londra, 3 luglio 1963 (n. 105);
Collezione Leachmann, Petersfield, 1963;
Sotheby's, Londra, 6 dicembre 1967 (n. 44);
Collezione Fodrio, 1967;
Finarte, Milano, 6 - 23 dicembre 1969 (n. 33);
Collezione Pospisil, Venezia, 1969;
Collezione Canessa, Roma, 1992;
Collezione privata, Padova

Exhibitions
Dal Ricci al Tiepolo: i pittori di figura del Settecento a Venezia, a cura di Pietro Zampetti, Venezia, Palazzo Ducale, 7 giugno - 15 ottobre 1969, cat. p. 76, n. 32;
Antonio Pellegrini. Il maestro veneto del Rococò alle corti d'Europa, a cura di  Alessandro Bettagno, Padova, Palazzo della Ragione, 20 settembre 1998 - 10 gennaio 1999, cat. pp. 182, 183, n. 40, illustrato a colori.

Bibliografia
Giuseppe Maria Pilo, Sebastiano Ricci e la pittura veneziana del Settecento, Grafiche editoriali artistiche pordenonesi, Pordenone, 1976, tav. XXVIII;
Giuseppe Maria Pilo, La Chiesa dello 'Spedaletto' in Venezia, Stamperia di Venezia, Istituto per l'Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, 1985, p. 245, fig. 56;
Egidio Martini, Pittura veneta e altra italiana dal XV al XIX secolo, Stefano Patacconi Editore, Rimini, 1992, p. 284, fig. 206;
George Knox, Antonio Pellegrini 1675-1741, Clarendon Press, Oxford, 1995, p. 261, n. P.447.

Giovanni Antonio Pellegrini fu influenzato nel periodo della sua formazione dalla pittura di Sebastiano Ricci e dell'ultimo Luca Giordano. Insieme a Marco Ricci si trasferì a Londra nel 1708, ove rimase fino al 1713, alternando la pittura di carattere scenografico a quella di genere mitologico classico e allegorico: si conoscono di questo periodo i dipinti murali e su tela per Kimbolton Castle, Howard Castle e Narford Hall. È in questo periodo che Pellegrini lavora per i ricchi committenti inglesi adottando uno stile Rococò temperato di classicismo che sarà la sua cifra. Lavorò in seguito in Germania, dipingendo scene allegoriche per il Castello di Bensberg, ora nel Castello di Schleissheim, poi a Parigi e in Olanda. Negli ultimi due decenni della sua vita si ritirò a Venezia e dipinse alcune pale d'altare tra cui quella con il Martirio di Sant'Andrea per la chiesa di San Stae.
Si riporta di seguito per esteso la scheda critica sul dipinto redatta nel catalogo della mostra a Padova, Palazzo della Regione, 1998, p. 182, n. 40: "Il dipinto, a partire dal 1960 allorché è documentato per la prima volta nella collezione di Roger Field, ha conosciuto una notevole fortuna collezionistica. L'incontro tra i personaggi del mito di accattivante bellezza avviene in un'aurea di incanto fiabesco, nonostante qualche elemento descrittivo a fini scenografici o l'apertura ad uno scorcio naturale a destra. Il formato e il taglio compositivo, che porta le figure in primo piano e in piena luminosità, sono quelli prediletti da Antonio Pellegrini. L'orientamento delle figure suggeriva che l'opera aveva senz'altro un pendant, o che facesse parte di una serie più vasta a destinazione decorativa di un ambiente raffinatissimo. La qualità inventiva e della stesura pittorica che appare lievissima pur nella solida resa volumetrica delle figure, consente di proporre per quest'opera una collocazione nella fase inoltrata del soggiorno inglese del maestro piuttosto che al momento del suo rientro veneziano dei primi anni Venti. Ha ben osservato Pietro Zampetti, nel commentare l'opera in occasione della mostra Dal Ricci al Tiepolo del 1969, come il richiamo a precedenti ricceschi, di natura semmai superficialmente ti­pologica, servano piuttosto a far emergere l'autonomia della personalità stilistica di Antonio Pellegrini, il quale, come sottolinea lo studioso, attraverso la sua fantasia cromatica riesce a far rivivere la scena mitologica come «un sogno, la rievocazione di un mito, appunto, quasi una visione fuggevole e irreale»".
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fri 28 October 2022
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