Asta di Arredi e Dipinti Antichi - I

479

Francesco de Rosa, detto Pacecco de Rosa
(Napoli, 1607 - 1656)

Santa condotta al martirio

Olio su tela
cm. 123x172,5

L'assenza di attributi che possano concorrere alla identificazione della giovane donna, evidentemente una santa condotta al martirio, visto che viene raffigurata mentre le vengono legate le braccia dietro la schiena e le si fa incontro un giovane presentata da un vecchio con barba e turbante, non rende possibile il riconoscimento dell'episodio illustrato. Il dipinto, in ogni caso, è opera senza dubbio alcuno del pittore napoletano Francesco de Rosa, noto come Pacecco, figlio del pittore Tommaso e fratello della pittrice Annella o Dianella. Sua madre, rimasta vedova, aveva spostato in seconde nozze il pittore Filippo Vitale, che si era formato presso il caravaggesco Carlo Sellitto intorno al 1610, mentre la sorella Annella sposò un altro pittore, Agostino Beltrano, e un'altra sorella, Grazia, il più noto Aniello Falcone. Pacecco iniziò come pittore nella bottega di Vitale, dal quale fu avviato alla sperimentazione di soluzioni in chiave naturalista: ne sono documento alcune tele realizzate in collaborazione con lo stesso Vitale, come la Madonna col Bambino che dà il rosario a San Domenico e a San Carlo Borromeo della chiesa napoletana di San Domenico Maggiore, il Lot e le figlie di una raccolta privata a Napoli, la Giuditta che taglia la testa a Oloferne della Fondazione Longhi a Firenze o il Riposo nella fuga in Egitto di una collezione romana, tutte databili intorno al 1630. Successivamente Pacecco si accostò sensibilmente al fare moderatamente classicista di Massimo Stanzione, con esiti di notevole eleganza formale e chiarezza compositiva, che indicano anche precisi riferimenti agli esempi del Domenichino, impegnato dal 1631 al 1641 nella decorazione della Capella del Tesoro di San Gennaro a Napoli: risultato di questi contatti con le tendenze del classicismo di matrice romano-emiliana così come temperate dallo Stanzione furono composizioni come quelle con Giuseppe e la moglie di Putifarre già nella raccolta Molinari Pradelli a Marano di Castenaso, presso Bologna, con il Compianto su Cristo morto della Certosa e Museo di San Martino (che, peraltro, assegnata un tempo proprio allo Stanzione, è replica quasi fedele, ma con stesure cromatiche più rischiarate e impreziosite, della tela d'identico soggetto dipinta da Vitale intorno al 1635 per la chiesa napoletana di Santa Maria Regina Coeli), o con il San Nicola di Bari nelle due redazioni per la chiesa di San Nicolao a Milano e per la Sagrestia piccola della chiesa della Certosa di san Martino. In queste tre ultime tele già si riscontrano elementi di derivazione 'neoveneta', con un accentuato impreziosimento delle materie cromatiche, in particolare nella resa di panni e vesti finemente damascate. La inclinazione del pittore a un fare pittorico che si avvale della conoscenza di esempi dei pittori 'neoveneti' in area mediterranea riflette una tendenza comune nella seconda metà degli anni Trenta, quando le tele ora segnalate sicuramente si datano, a tutto l'ambiente dei pittori napoletani, sia di tendenza naturalista che classicista, per la influenza esercitata dalla recente svolta di Jusepe de Ribera intorno al 1635 verso soluzioni di nuova e rischiarata bellezza pittorica.


Dagli inizi degli anni Quaranta Pacecco, attraverso una fitta successione di tele, prevalentemente di soggetto biblico o evangelico, ma anche con la rappresentazione di santi martirizzati (sono questi i casi del Martirio di San Lorenzo nelle varie redazioni affini della parrocchiale di Lizzanello presso Lecce o del Bob Jones University Museum of Art a Greenville (South Carolina e in quella, ancora con caratteri di vigorosa resa naturalistica, di una collezione privata a Torino; o del Martirio di Sant'Orsola nelle versioni della Galleria Caylus a Madrid e di due raccolte private napoletane), sempre più decisamente si volge a un fare di studiata chiarezza compositiva, di accorta resa delle forme e di rischiarata intensità cromatica.  Il punto più alto di questo processo, che porterà il pittore a elaborare, negli avanzati anni Quaranta, quando avvia una sempre più convinta ripresa di modelli di Guido reni e stabilisce contatti sempre più stretti anche con Andrea Vaccaro, esiti di sempre più accentuata inclinazione 'purista', anche se di una bellezza visiva conseguita attraverso l'uso sapiente del mezzo pittorico.
E' questa la fase che, dopo l'Annunciazione del 1644 per la chiesa napoletana di San Gregorio Armeno e l'Adorazione dei pastori del Museo di Capodimonte in deposito presso la Camera dei deputati al palazzo di Montecitorio, passando poi per il Ratto di Europa di una collezione napoletana, per la Venere con Adone del Museo di Besançon o per l'Estasi di Sant'Antonio da Padova della Galleria dell'Accademia di Belle Arti di Vienna (opere che, insieme ad altre rese note nella monografia sull'artista edita nel 2008 da Vincenzo Pacelli, alla quale si rinvia per le riproduzioni fotografiche di tutti i dipinti di Pacecco qui segnalati, sono tutte databili alla fine degli anni Quaranta o subito dopo), coincide con la realizzazione, nel decennio successivo, di una fitta serie di composizioni di sempre più studiata definizione sia formale che compositiva, di sempre più controllata e contenuta resa di stati d'animo e reazioni espressive, di sempre più rischiarata e quasi raggelata intensità cromatica.
E' a questo momento che appartiene il dipinto in esame, finora inedito, che presenta, infatti, non poche affinità formali e compositive con dipinti come I santi Cecilia, Valeriano e Tiburzio, comparso presso Christie's a Londra nel 1972, la Rebecca con Eleazar al pozzo passato sul mercato fiorentino: dipinti nei quali è quasi identica a quella riscontrabile in questa tela l'accorta collocazione, con studiati effetti  'teatrali', delle singole figure su piani successivi e paralleli, l'attenta definizione della consistenza di volumi, panni ed epidermidi, la controllata trattazione delle reazioni sentimentali ed emotive, in particolare per l'atteggiamento di contenuta devozione della bella ed elegante santa condotta al martirio, così come per il gesto di affettuosa intimità del giovane che le si fa incontro o per lo sguardo pietoso del vecchio con turbante che la indica con la sinistra. Un'atmosfera quasi da realtà quotidiana, domestica e familiare, se non fosse per la presenza in secondo piano di volti attoniti o indifferenti di quanti in secondo piano assistono alla scena centrale e, in basso a sinistra, del giovanotto che sta legando i polsi alla santa: chiari ricordi di esperienze giovanili condotte su modelli di Ribera ancora in chiave vigorosamente naturalista. Notevoli, peraltro, le concordanze tra l'atteggiamento espressivo della giovane santa, dai capelli 'ramati', e alcune 'mezze figure' - come la Sant'Agata già della Walpole Gallery di Londra, la Santa Barbara già presso la Galleria Canesso a Parigi, la Santa Dorotea della Galleria Nazionale di Praga o la Maddalena penitente della raccolta De Vito a Milano - e le immagini della Madonna - come nel caso della Immacolata Concezione tra i santi Francesco d'Assisi e Antonio da Padova della chiesa dei Cappuccini a Vibo Valentia, firmata e datata 1651 - dipinte da Pacecco negli ultimi anni di attività.
Il dipinto si presenta con vernici offuscate, alcune limitate cadute di colore in basso al centro, ma in uno stato di conservazione sostanzialmente discreto.
 
Nicola Spinosa            
            
 
 
€ 55.000 / 65.000
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Asta di Arredi e Dipinti Antichi - I

thu 28 - sat 30 October 2010
Prato