Importanti Dipinti Antichi - I

126

Francesco Curradi
(Firenze, 1570 - 1661)

Santa Dorotea

Olio su tela
cm. 100x80

Storia
Collezione privata, Firenze (1998);
Collezione privata

Bibliografia
Immagini del tempo passato. Una raccolta toscana di dipinti antichi, a cura di Marco Fagioli e Francesca Marini, Capalbio, Palazzo Collacchioni, 28 agosto - 11 settembre 2005, Aión, Firenze, 2005, pp. 32-33, n. 6, riprodotto.
 
Santa Dorotea aveva promesso: mele e rose sarebbero toccate al suo accusatore, una volta fosse giunta in Paradiso. Tre rose e tre mele sono quanto porge l'Angelo rappresentato a sinistra del dipinto, più simile a un giovane con quella veste giallo dorato decorata da un raffinatissimo ricamo. Tiene la testa appena abbassata, come il suo sguardo, porge la cesta davanti alla Santa, vestita con i colori della Madonna, lo stesso blu brillante simbolo di purezza, ha i polsi legati da una corda tenuta dalla mano del soldato ben visibile a destra. L’atmosfera di quieta devozione e l’estrema semplificazione di impianto compositivo della scena, in cui le uniche figure sbalzate dalla luce bianca sono l’angelo e Santa Dorotea, sono solo alcuni degli elementi che inducono a proporre quale autore dell’opera il nome di Francesco Curradi, per oltre mezzo secolo, il maestro della pittura “di devozione” a Firenze. Tanto pio da aver spesso preteso meno di quanto meritasse per le numerose commissioni svolte per gli ordini religiosi e talmente devoto da essere stato chiamato per primo, alla morte di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, per fissarne il ritratto divenuto poi l'icona più diffusa per il culto della veneratissima Santa fiorentina. Era figlio del ‘battiloro’ Taddeo Curradi che Baldinucci ricorda per aver intrattenuto “ameni ragionamenti”, “sopra le bell’arti” nientemeno che con il granduca Francesco I de Medici (Silvia Benassai, Per  Francesco Curradi: le tele di San Miniato e alcune aggiunte al suo catalogo, in «Bollettino della Accademia degli Eleuteti della città di San Miniato», n. 70, 2003, pp. 59-70, con bibliografia precedente) e che lo mise a bottega presso Giovan Battista Naldini. Francesco Curradi esordì nel 1598 con una pala per il Duomo di Volterra per mostrare di aver compreso appieno le istanze promosse dalla pittura riformata di Santi di Tito, le qualità di cromia e materia di Cigoli, Passignano e l’eredità della luce di Luca Cambiaso, diffusa in Toscana da Giovan Battista Paggi. Il successo che avrebbe poi ottenuto, esprimendosi prevalentemente attraverso tematiche religiose, lo portò ad essere insignito da papa Urbano VIII del titolo di Cavaliere dell’Ordine di Cristo e a lasciare alla sua morte una vasta produzione, diffusa nelle città toscane ma presente anche in Emilia Romagna, in Lombardia, a Napoli e Roma. Una feconda attività che però sembra assestata su motivi formali e stilistici che non hanno variazioni rilevanti per circa un trentennio e che Lucia Sacchetti ha spiegato approfondendo le fonti di quella devozione ferma che gli viene attribuita dalle cronache del tempo (Lucia Sacchetti, Francesco Curradi, il Carmelo e i temi profani, in «Antichità Viva», 1989, 4, pp. 25-31). La semplicità d'impianto, l'aspirazione ad una resa naturale, le pose meste e l'atmosfera dimessa che contraddistinguono questa Santa Dorotea tra l'Angelo e il soldato contro uno sfondo ‘neutro’ al pari di molte tra le opere di Curradi, sembra siano determinate dalla declinazione del sostrato pittorico del principio del Seicento fiorentino, attraverso i precetti di contemplazione promossi dai grandi mistici carmelitani.
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ven 14 Maggio 2021
TORNATA UNICA 14/05/2021 Ore 15:30